LE RADICI

Giovanni XXIII nacque al numero 42 della frazione Brusicco di Sotto il Monte, in provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881 alle dieci e un quarto del mattino, primo figlio maschio, dopo tre bambine (in tutto saranno tredici i fratelli Roncalli), di Giovanni Battista Roncalli e di Marianna Mazzola. Come d’uso, il neonato venne battezzato nella vicina chiesa di Santa Maria il giorno stesso, alla sera dopo l’Ave Maria, dal parroco don Francesco Rebuzzini, ricevendo il nome di Angelo Giuseppe.

Il padrino, l’anziano prozio Zaverio, appena levato il piccolo Angelo Giuseppe dal fonte battesimale lo consacrò al Sacro Cuore, affinché crescesse sotto la sua protezione. Zaverio Roncalli, il primo dei sette zii di papà Battista, era un uomo molto pio, che, non essendosi sposato, era rimasto nella casa paterna, assumendosi il compito di educare religiosamente e di istruire alle pratiche di pietà i numerosi nipoti; l’edificante esempio di questo uomo semplice, ma “piissimo, devotissimo e istruito la sua parte nelle cose di Dio e della religione”, come lo definì anni dopo il futuro Giovanni XXIII, fu fondamentale per il piccolo Angelo Giuseppe, che conservò per tutta la vita un ricordo commosso e riconoscente per le cure e le sollecitudini prestategli dall’anziano prozio.

Visse con la famiglia i primi anni dell’infanzia in poche stanze di un cascinale in pietra e legno denominato Palazzo per l’ampiezza; la sua era una famiglia di fittavoli e di mezzadri, gente seria e profondamente cristiana, che lavorava i campi di proprietà dei conti Morlani di Bergamo. I suoi genitori erano contadini, ma non analfabeti e il padre era impegnato attivamente nella vita pubblica: fu presidente della fabbriceria locale, consigliere comunale, assessore e giudice di pace.

Nel 1893 la sua famiglia, di cui facevano parte, oltre i fratelli e il prozio, il nonno Angelo e altri parenti, dovette traslocare per mancanza di spazio e si trasferì in una cascina vicina, la Colombera, di proprietà dei conti Morlani; nel 1919 i familiari, a costo di gravi sacrifici, la compreranno insieme alla terra che già lavoravano a mezzadria.

In questi luoghi il piccolo Angelo trascorse gli anni dell’infanzia, in una quotidianità caratterizzata dal duro lavoro per tutti, poiché nella società rurale il lavoro era l’unica fonte di sussistenza e ognuno doveva lavorare dando il proprio contributo, a seconda dell’età e della forza, per far quadrare il misero bilancio familiare: bastava un andamento anomalo delle stagioni, l’alternarsi negativo del mercato tessile o anche solo una malattia, perché la popolazione contadina, gravata da imposte e fitti onerosi, passasse da povera a poverissima e fosse costretta all’accattonaggio.